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I Piero Angela dei libri: gli scrittori-scienziati

Libero / di Caterina Maniaci.

Affrontare l’Artico e i suoi misteri, e dai ghiacci che si stanno vertiginosamente consumando, balzare tra le stelle e girare nel cosmo; un rapido volo verso il basso e si plana sul Mediterraneo mentre si consuma l’ennesima tragedia dei barconi che naufragano e moltiplicano le vittime dell’immigrazione clandestina,

fino ad addentrarsi nei meandri della fisica spiegati come una risorsa per trovare lavoro e come usarla per non far precipitare il mondo nella follia delle guerre. Una
cavalcata attraverso luoghi, popoli, problemi, che si può fare solo grazie ai libri. Libri i cui autori hanno una forte e motivata vocazione: la divulgazione. Libri che sono stati scelti nella cinquina finalista del Premio Galileo.

Nuovi Piero Angela crescono e si moltiplicano dunque (Alberto a parte, ovviamente). Nati per un pubblico devoto ma di nicchia, i libri di divulgazione, grazie anche a numi tutelari come il citato Angela, stanno oggi conoscendo una stagione più florida, sempre considerando i magri numeri del mercato librario in Italia. Scalano a volte le classifiche dei bestseller -come è stato per Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli, campione di vendite per molte settimane nel 2015 – e si introducono persino nel linguaggio quotidiano. Iniziative come quella del Premio Galileo, nato a Padova tredici anni fa, nell’ambito della settimana della scienza e dell’innovazione, dal 6 al 12 maggio, sostengono questa tendenza e la rafforzano, segnalando il meglio di quanto pubblicato nel settore in Italia. E dimostrando che le tematiche, per quanto al primo impatto possano sembrare ostiche, si trasformano quasi in materia “da romanzo”. E riservano sorprese imprevedibili. È il caso del libro vincitore dell’edizione 2018, Plant revolution. Le piante hanno già inventato il futuro,
scritto da Stefano Mancuso, in cui si suggerisce di studiare attentamente il mondo botanico per trovare soluzioni per l’ambiente, per le nostre città e per le nostre stesse abitazioni.

LINGUAGGIO POCO TECNICO

Quali sono le caratteristiche di un buon libro di divulgazione? Riuscire a spiegare ad un numero più vasto possibile i segreti che la scienza custodisce nelle torri d’avorio dei laboratori di ricerca. L’esposizione deve essere chiara e soprattutto piana, cioè fatta utilizzando un linguaggio non tecnico. Evitare di essere noiosi senza arrivare alla banalità. Questi i criteri utili, così come li ha sintetizzati Erminio Giavini dell’Università degli Studi di Milano. Criteri rispettati dai cinque finalisti del Premio Galileo. Naufraghi senza volto. Dare un nome alle vittime del Mediterraneo (Raffaello Cortina Editore), lo ha scritto Cristina Cattaneo, che è professore ordinario di Medicina Legale presso l’Università di Milano, impegnata nel lavoro di identificazione dei migranti morti in mare, in particolare nei naufragi di Lampedusa. Ne è nato un libro che è scientifico e insieme documento personale. Scoperta. Come la ricerca scientifica può aiutare a cambiare l’Italia (Codice Edizione) è l’opera di Roberto Defez, ricercatore del CNR, specializzato nei rapporti tra scienza e politica. Secondo lui la ricerca non è un lusso, ma un’opzione concreta per dare un futuro al Paese, genera occupazione qualificata e sviluppo imprenditoriale. Pietro Greco, giornalista scientifico e scrittore, in Fisica per la pace. Tra scienza e impegno civile (Carocci editore) , propone nove storie di studiosi e organizzazioni che lavorano per arginare i rischi di conflitti.

TUTTI UNITI DAL SAPERE

Il caso più famoso è il CERN di Ginevra, la prima «casa comune europea». E il più recente è rappresentato dall’acceleratore SESAME in Giordania, probabilmente l’unico posto al mondo dove lavorano insieme ad un progetto comune israeliani, palestinesi, iraniani e tanti altri. Tutto l’universo per chi ha poco spazio-tempo (Mondadori) di Sandra Savaglio, è un esempio riuscito di divulgazione coniugata alla passione e alla vita vissuta. L’autrice è una famosa astrofisica che ora insegnare all’Università della Calabria. Il suo libro non è un trattato di astronomia, ma un saggio sull’universo visto e interpretato attraverso le leggi della fisica. E racconta quello che sappiamo del mondo, incominciando dallo sguardo alzato verso le stelle. Addio ai ghiacci. Rapporto dall’Artico (Bollati Boringhieri) è l’ultima opera di Peter Wadhams, uno dei massimi esperti mondiali di ghiaccio marino e degli oceani polari. Nel libro Wadhams documenta il fenomeno dello scioglimento dei ghiacci, a partire dal “passaggio a Nordovest”, il braccio di mare tra l’Alaska e la Groenlandia, diventato una sorta di autostrada liquida per centinaia di navi mercantili. Ma l’accelerazione del fenomeno è impressionante, scrive lo studioso, e sta diventando una minaccia, pericolosa quanto ignorata, per l’umanità intera.

Intervista a Sandra Savaglio. L’astrofisica: così non ci isoliamo

«Sono convinta che la gente sia molto meno banale e distratta di quel che si pensa. I misteri dell’universo attraggono molto persone di ogni genere e di ogni età. Basti pensare all’interesse suscitato dalle notizie sui buchi neri. E per questo la divulgazione scientifica sta acquistando sempre più spazio». Ne è convinta Sandra Savaglio, astrofisica, docente e scrittrice. Dopo aver insegnato e fatto ricerca in molte prestigiose università e centri di studio in giro per il mondo, e in particolare in Germania, ha deciso di tornare in Italia e di insegnare all’Università di Calabria. Spiega: «Non mi sono mai pentita, anzi rifarei questa scelta. E del resto, anche in Germania esistono difficoltà, pregiudizi, incomprensioni. Certo, non lesinano fondi per la ricerca, mentre l’Italia, dopo aver formato tante menti brillanti, le esporta a costo zero».

Il suo libro Tutto l’universo per chi ha poco spazio-tempo è entrato nella cinquina dei finalisti del premio Galileo. Sembra che non sia un’impresa facile scrivere un buon libro su questi argomenti: «No, non è semplice, ma è fare buona divulgazione. Perché può avere conseguenze importanti: per esempio, la lettura di un buon testo potrebbe invogliare un ragazzo ad intraprendere una carriera scientifica. Bisogna essere avvincenti e insieme competenti. Quando scrivevo il mio libro pensavo a questo: devo sforzarsi di rendere interessante la mia materia con lo stesso impegno che userei per rendere interessante l’elenco del telefono. Che contiene molte informazioni ed è utile, ma non ha quel che si dice appeal…». La scrittura della Savaglio non fa sentire la distanza tra scienziato e profano: «Mi sono sforzata di raccontare cose che conosco e che penso siano utili da conoscere, fino alle ultimissime scoperte. Mi sono messa a nudo, in questo modo di spiegare e raccontare. Convinta, a differenza di tanti altri colleghi, che fare divulgazione non rappresenti il rischio di abbassarsi come studioso e invece sia un modo per evitare di isolarsi, di vivere in una torre d’avorio».

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