Il Mattino di Padova -

Dialogo, imprese e ricerca per attrarre nuovi talenti

Le nuove frontiere dello spazio, la robotica e l’industria 4. 0, il cibo del futuro e le nanotecnologie, ma anche l’uso di energia alternativa, fra nucleare, idrogeno e biocarburanti.

Quelle che sembrano suggestioni su un futuro lontano sono in realtà settori nei quali le nostre imprese si muovono già agevolmente con tecnologie all’avanguardia. È per questo che sul palco del Galileo Festival, a Padova dal 19 al 21 maggio, le frontiere dell’innovazione verranno esplorate in un dibattito continuo fra il mondo della ricerca e il mondo dell’industria, con alcuni dei suoi rappresentanti di più alto livello. Lo scopo del Festival è in fondo anche questo: che i due attori del progresso tecnologico – chi lo studia e chi lo utilizza – siano faccia a faccia, così da superare quella distanza che, per una reale crescita della nostra economia, non può essere concessa. Perché se da un lato c’è la spontanea capacità d’innovazione delle nostre imprese, che pongono ad esempio l’Italia fra i primi paesi in Europa per brevetti depositati (11esima su 50 in classifica), dall’altro lato manca ancora un reale anello di congiunzione fra il mondo della ricerca e quello che dovrebbe essere il suo naturale contesto d’applicazione, l’industria per l’appunto.

Il tema del trasferimento tecnologico è sempre stato caldo (il Pnrr destina dei fondi – 350 milioni per la precisione – anche a questo, ma la loro allocazione non è risultata priva di intoppi) e, raccontano gli stessi scienziati, non è purtroppo raro che anche il migliore e più utile dei prototipi sia destinato a restare tale. Perché si superi l’impasse, non si possono che interpellare tutti gli interlocutori, dagli atenei alle altre istituzioni, le associazioni industriali e la finanza. Sul palco dell’evento di apertura del Festival, venerdì 19 maggio alle 11, non mancherà praticamente nessuno. Ci saranno Cristina Balbo, direttore regionale Veneto Ovest e Trentino Alto Adige Intesa Sanpaolo, Enrico Carraro, presidente Confindustria Veneto, Fabrizio Dughiero, prorettore all’Innovazione e al trasferimento tecnologico Università di Padova, Daniele Lago, ad e head of design di Lago, Isabella Malagoli, direttore generale Hera Comm e Carlo Pizzocaro, presidente e ad di Fidia Farmaceutici. Insomma, se nel corso della tre giorni si parlerà di scoperte rivoluzionarie che da poco hanno visto l’alba, raccontate proprio da chi ne è stato pioniere, come nel caso della soft robotics, su cui la ricerca viene portata avanti – e sarà presentata al Galileo – da Cecilia Laschi, docente all’Università di Singapore e Barbara Mazzolai, vicedirettrice dell’Istituto Italiano di Tecnologia, ci sarà anche chi, lo dicevamo, quei passi avanti fatti in ambito accademico può innestarli sul territorio.

L’innovazione può ambire a essere un reale fattore di competitività: è innovando che si diventa flessibili di fronte a tempi incerti, che ci si garantisce spazio sul mercato, che si offrono prodotti vincenti e che si attraggono, conseguentemente, le persone giuste. E l’innovazione può essere allo stesso tempo la chiave per garantirsi un uso migliore – e più duraturo – di tutte quelle materie prime che già oggi scarseggiano. A mettere sul tavolo questi elementi, nello svolgersi del Festival, sarà in particolare la sezione curata da auxiell, l’impresa padovana esperta di processi lean, : parteciperanno imprenditori e manager come Davide Tinazzi, ad di Energy, Moreno Ziesa di Donatoni Macchine, Elena Trivari di Irsap, Sarah Colpo di Fitt Group. Fra i temi chiave, più nello specifico: l’attrarre nuove competenze nella fabbrica snella, la ricerca di efficienza e la riduzione degli sprechi, il valore delle persone nelle imprese innovative.

Insomma, un punto sull’innovazione tecnologica con la consapevolezza che questa rappresenta forse l’unica via che i principali paesi dell’Occidente, e noi in primis, abbiamo per reggere la concorrenza col resto del mondo, già più competitivo di noi sui prezzi. Varrebbe la pena dunque di innescare un processo virtuoso di stimolo reciproco, in cui le richieste del mondo produttivo possano trovare risposta dal mondo accademico, e la ricerca possa dunque essere reale motore di crescita economica. L’intervento, oltre che sulle risorse e la loro messa a terra, dovrebbe mettere in discussione anche la nostra stessa cultura, che spesso chiede agli scienziati la totale indipendenza senza rendersi conto che più che l’eticità si rischia di prescrivergli l’autoreferenzialità. E dovrebbe, poi, rivolgere gli occhi a quelle imprese d’eccellenza che nelle loro nicchie di mercato sono leader mondiali, anche grazie all’aggiornamento costante delle loro lavorazioni e degli stessi prodotti. Se si vuole cogliere la direzione futura, meglio osservarle: saranno loro a segnare la via.

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