Corriere della Sera -

Industria, formare le competenze per dare valore ala tecnologia

Il paradosso della Quinta rivoluzione industriale, quella delle macchine intelligenti, è la scarsità di uomini, di menti umane in grado di dare valore alla tecnologia, di trasformare l’industria connessa in una fabbrica, appunto, intelligente.

Un po’ è stato il Covid, che ha denudato un re per la verità già discinto: non basta un buon stipendio, non basta nemmeno il richiamo del brand, i talenti oggi hanno bisogno d’altro, e tenerseli — creare retention — è la vera sfida una volta connesso il torno al server.

Lo dice chiaramente il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro, a cui la direzione scientifica di Giovanni Caprara ha affidato l’apertura del Festival della Scienza e dell’Innovazione Galileo di Padova: «Ciò che oggi chiedono le imprese per crescere sono risorse umane adeguatamente formate. Purtroppo, dopo l’emergenza sanitaria, ci siamo ritrovati nell’economia della scarsità delle competenze». Concretizza la centralità delle humanities nell’era dell’Ai Carlo Pizzoccaro, Ceo della Fidia Farmaceutici di Abano Terme, quando ricorda che «la parte più difficile del nostro mestiere non è produrre brevetti, e noi in sessant’anni ne abbiamo registrati 1.400, ma mettere in condizione le persone di poterli creare».

La parola chiave della tre giorni di Italypost diventa allora attrattività perché, come sottolinea Davide Tinazzi, ad di Energy, azienda che ha appena investito a Pieve di Sacco 10 milioni in una fabbrica di batterie, «l’Italia è bravissima a creare talenti salvo poi lasciarseli scappare. Dipende però in primis da noi imprenditori creare luoghi di lavoro piacevoli e, soprattutto, percorsi di carriera soddisfacenti, non solo dal punto di vista economico».

 

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