Corriere della Sera -

Il futuro a grandi passi

Scordatevi i robot dei manga giapponesi degli anni Ottanta, quelli tutto acciaio e propulsori ipersonici: il futuro dell’automazione cibernetica rincorre la sinuosa eleganza del polpo.

«L’automazione industriale — ragiona Cecilia Laschi, docente di Ingegneria meccanica alla National University di Singapore — oggi ha raggiunto risultati sorprendenti in termini di precisione e di produttività, tuttavia io credo ci possa essere anche una strada alternativa da percorrere, cioè quella dei cosiddetti soft robot, creature che si ispirano alla natura, capaci di cogliere i vantaggi competitivi degli esseri viventi per metterli a disposizione del progresso, sistemi complessi capaci di sopravvivere e operare negli ambienti naturali, che siano sostenibili e che sappiano crescere, svilupparsi ma anche degradare come è giusto che sia».

Professoressa, lei sabato 20 maggio sarà a Padova, nella cornice del Festival della Scienza e dell’Innovazione, proprio per parlare della nuova frontiera della robotica. Ci sta dicendo che all’orizzonte faremo i conti con polpi-robot dotati di intelligenza artificiale?

«Con i robot morbidi si ottengono movimenti più efficienti rispetto ai loro fratelli industriali. E il polpo che abbiamo creato insieme alla collega Barbara Mazzolai alla Scuola Sant’Anna di Pisa ci ha insegnato, ad esempio, come camminare sui fondali marini. Prima non era mai stato possibile, il che ha precluso per molto tempo la conoscenza di un mondo sommerso estremamente più interessante di quello presente nella colonna d’acqua sovrastante».

Qual è la sfida regina di questa branca dell’ingegneria?

«Gli aspetti meccanici. Ogni ricercatore sogna di riuscire a ricreare il funzionamento dei muscoli umani. Superando la fisica dei corpi rigidi della robotica industriale entriamo in un territorio inesplorato dove tutto è da reinventare. Ecco perché il polpo, un animale che sa manipolare, nuotare e camminare pur non possedendo parti rigide. Poi, ovviamente, anche la scienza dei materiali è un tema non secondario.».

In che senso?

«Nel senso che il dominio del silicone, pur avendoci dato una grossa mano nelle fasi pionieristiche, ora va ridimensionato a favore di nuovi materiali multifunzionali in grado di reagire a stimoli interni ed esterni di natura elettrica o termica. La collaborazione con la scienza dei materiali ci sta aiutando molto».

Che tipo di applicativi avranno le vostre ricerche?

«Siamo solo all’inizio, ma la trasversalità è strutturale. Pensiamo all’endoscopia nel mondo biomedicale, ai dispositivi indossabili per le mansioni pesanti, ma anche all’assistenza sanitaria, per la riabilitazione dopo i traumi o per la cura degli anziani: stiamo lavorando fra le altre cose a un robot che aiuta gli anziani a fare la doccia».

Quanto le preoccupa l’evoluzione di forme di autoapprendimento artificiale come ad esempio Chat Gpt?

«La mia è una chiamata alle armi rivolta a tutta la comunità scientifica: costruiamo robot non troppo intelligenti, che facciano le cose che non vogliamo più fare, ma conserviamo intelligenza e creatività umana».

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